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IL MUSEO DEL DUOMO DI MILANO

Carolina Martinelli

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Dettaglio dello spazio museale. Foto, Studio Guido Canali

Fabbrica riapre finalmente le sue porte ai visitatori con un progetto firmato dall’architetto parmense Guido Canali. I lavori di ristrutturazione e di consolidamento strutturale, incominciati nel 2005, diventano occasione per ripensare gli accessi e i percorsi dei precedenti allestimenti. L’ingresso al museo è ricollocato nell’originaria posizione, pensata da Ugo Nebbia nel 1953, sotto il portale di Palazzo Reale, oggi affiancato dal nuovo bar-caffetteria. In tal modo, la Sala delle Colonne, anticamente scuderia e negli anni Settanta trasformata nella prima stanza del percorso espositivo, diviene un luogo indipendente, accessibile dall’esterno per conferenze ed eventi. I principi che guidano l’intervento, tipici del linguaggio di Canali e da lui già sperimentati in altre occasioni, sono di ripulire l’architettura dai segni sovrappostisi nei secoli per riportare alla luce la verità delle strutture. Ecco che la Sala delle Colonne, depurata dalle decorazioni moderne, ritorna alla nudità essenziale prevista dal Piermarini mentre, all’interno delle ventisette sale espositive, sono mostrate interessanti porzioni del palazzo quattrocentesco, riaffiorate dagli intonaci di fine Settecento. Lungo il percorso, come sfondo e trama narrativa della storia del museo e delle sue opere, emergono archi trasversali gotici in mattoni; l’originaria facciata del palazzo, poi inglobata nella nuova ala, che conserva le tracce delle finestre a oculo; una sequenza di pilastri realizzati in grandi blocchi di pietra; monofore con decorazioni trecentesche. La collezione è prevalentemente costituita dalla statuaria autentica del Duomo – sono note le progressive sostituzioni con copie sul monumento – seppur le raccolte siano in realtà di varia natura (il Tesoro, pitture, vetrate policrome, arazzi, l’armatura della Madonnina e modelli architettonici), rispecchiando pienamente il significato di un museo di una Cattedrale, per definizione una sedimentazione di materiali con provenienza diversa. Il percorso, a senso unico e ritmato da continue compressioni e dilatazioni spaziali, comincia dall’età viscontea e approda al Novecento, attraversando quattrocento anni di storia senza mai passare dallo stesso punto. Prospettive e scorci, che anticipano le sale successive o, al contrario, restituiscono ambienti già visitati consentendo la lettura e il confronto tra opere di epoche diverse, vivacizzano la narrazione. L’allestimento evoca i significati e le funzioni assolte dalle sculture sul monumento in un’atmosfera teatralizzata che stupisce il pubblico, dove nella penombra delle sale spiccano gli oggetti illuminati da faretti a spot. La moltitudine dei gruppi statuari è riproposta con l’affollamento dei santi e dei martiri su gradoni e pedane. Dodici doccioni appesi con tondini metallici al soffitto aggettano sul pubblico alludendo al significato di elementi pensili. Le opere che decoravano i capitelli poligonali interni alla cattedrale sono montate su pannelli sfaccettati – costituiti da un’anima metallica rivestita da un sottilissimo strato di marmo di Candoglia proveniente da lastre conservate nei magazzini – che rimandano all’originaria provenienza. Le statue sospese su sottili piedistalli metallici, che nascondono sotto il pavimento una piastra di ferro annegata nei massetti, esprimono la stessa leggerezza che li contraddistingue sulla facciata del Duomo. L’ultima sala ospita i gessi preparatori, allestiti in scaffalature di legno a tutta altezza che ricordano un magazzino; il deposito della Fabbrica in cui molte opere sono ancora custodite in attesa del restauro o di una futura esposizione. Guido Canali, nonostante le ridotte dimensioni degli ambienti a disposizione e la densità della collezione da mostrare, riesce a calibrare i rapporti reciproci tra gli spazi e i singoli elementi, orchestrando con spiccata sensibilità equilibri architettonici e rappresentazioni. Nulla è lasciato al caso, tutto è progettato in studio su un modello in scala 1:20 e riverificato in cantiere con sagome al vero.

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